Il nuovo governo e l’attesa della povera gente.

da Claudio Calvaruso, Presidente dell’Associazione degli Amici di ATD Quarto Mondo

Da pochi giorni, l’Italia ha un nuovo governo. Lo vogliamo salutare, nella speranza di vederlo inserire nella sua agenda e nelle sue priorità le domande che vengono da quelle persone che non sono mai state invitate ai tavoli della concertazione sociale: gli ultimi, gli esclusi, i più poveri, questa “povera gente” di cui Giorgio La Pira parlava già nel 50 nel suo libro “L’attesa della povera gente”.

Diceva La Pira, 62 anni fa(!), e lo possiamo ripetere con lui, indirizzandoci al governo di oggi: L’attesa della povera gente,disoccupati e bisognosi in genere? La risposta è chiara: un governo ad obbiettivo, in certo modo, unico: strutturato organicamente in vista di esso: la lotta organica contro la disoccupazione e la miseria. .. Un governo, cioè, mirante sul serio (mediante l’applicazione di tutti i congegni tecnici, finanziari, economici, politici adeguati) alla massima occupazione e, al limite, al «pieno impiego ». Altra attesa -rispetto al governo- la povera gente né aveva, né ha: senza saperlo essa fa propria la tesi dell’Economist del febbraio scorso: il «pieno impiego» è l’imperativo categorico fondamentale di un governo che sia consapevole dei compiti nuovi affidati agli Stati moderni.
Ma volere seriamente la massima occupazione e, al limite, il pieno impiego, significa accettare alcune premesse e volere alcuni strumenti senza l’uso dei quali non è possibile raggiungere quel fine.
C’è, anzitutto, una premessa di natura squisitamente cristiana: è vano -per un governo- parlare di valore della persona umana e di civiltà cristiana, se esso non scende organicamente in lotta al fine di sterminare la disoccupazione ed il bisogno che sono i più temibili nemici esterni della persona. (…)Vi sono disoccupati? Bisogna occuparli. La parabola dei vignaioli è decisiva in proposito: tutti i disoccupati che nelle varie ore del giorno oziavano forzatamente nella piazza -perché nessuno li aveva ingaggiati- furono occupati: esempio caratteristico di «pieno impiego»: nessuno fu lasciato senza lavoro.
Che significa, infatti, che tutta la legge ed i Profeti si riassumono nell’unico comandamento dell’amor di Dio e dell’amor del prossimo? Che significa ama il prossimo tuo come te stesso? Vorrei io essere disoccupato, affamato, senza casa, senza vestito, senza medicinali? No, certo: e, quindi, questo no io devo anche pronunziare per i miei fratelli. Se io sono uomo di Stato il mio no alla disoccupazione ed al bisogno non può che significare questo: -che la mia politica economica deve essere finalizzata dallo scopo dell’occupazione operaia e della eliminazione della miseria: è chiaro! …

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Scaricare il testo uscito nell’Avvenire del 27 novembre 2011