Non uno dei suoi capelli sarà torto…

Da rileggere, un testo1Estratto della conclusione della raccolta di saggi “Cosa non va nel mondo” (1910), riedito da Lindau, gennaio 2011 di G.K. Chesterton, del 1910, che ci parla ancora oggi, in un momento in cui sta tornando in voga l’idea che la vita dei poveri debba essere regolata, controllata o educata.

Tempo fa, certi dottori e altri personaggi, a cui la moderna
legge ha permesso di imporre norme ai propri concittadini
malvestiti, hanno emanato un provvedimento in ossequio
al quale tutte le bambine avrebbero dovuto avere i capelli
tagliati corti. Ovviamente, parlo delle bambine con genitori
poveri. Presso le bambine ricche sono molto comuni
parecchie abitudini malsane, ma passerà un bel po’ di tempo
prima che qualunque dottore interferisca.

Ebbene, il motivo di quella specifica interferenza fu che i poveri sono stipati in squallidi bassifondi così puzzolenti e soffocanti che
non si deve permettergli di avere i capelli, perché nel loro
caso significherebbe avere i pidocchi. Pertanto, i dottori propongono
di abolire i capelli. Non sembra essergli mai passato
per la mente di abolire i pidocchi. Eppure si potrebbe fare.
Come spesso accade nella maggior parte delle discussioni
moderne, il punto centrale di tutta la discussione è qualcosa
di innominabile. Risulta ovvio a qualunque cristiano
(cioè a qualunque persona con un’anima libera) che qualsiasi
forma di coercizione esercitata sulla figlia di un vetturino
dovrebbe, possibilmente, essere esercitata anche sulla figlia
di un ministro. Non chiederò perché i dottori non applichino
la loro regola alla figlia di un ministro. Non lo chiederò
perché lo so. Non la applicano perché non osano. Ma quale
scusa, quale plausibile argomento useranno per tagliare e
tosare i capelli dei bambini poveri e non quelli dei bambini
ricchi? Diranno che è più probabile che i pidocchi attacchino
i capelli dei bambini poveri piuttosto che quelli dei bambini
ricchi. E perché questo? Perché i bambini poveri sono
costretti (contro ogni istinto proprio della classe lavoratrice,
che è fortemente legata alla vita domestica) a stare stipati in
stanze chiuse da un sistema di pubblica istruzione quanto
mai inefficiente; in quel contesto, un bambino su quaranta
può avere un’infestazione da pidocchi. E perché questo?

Perché il povero è talmente lontano dalle grosse rendite dei
grandi proprietari terrieri che spesso sua moglie deve lavorare
proprio come lui, pertanto non può occuparsi dei bambini,
pertanto uno su quaranta di loro è sporco. Poiché il lavoratore
ha due persone sopra di sé, il padrone che siede letteralmente sul suo stomaco e il maestro di scuola che siede letteralmente sulla sua testa, deve accettare che i capelli della sua bambina siano prima trascurati a causa della povertà, poi infettati dalla promiscuità e infine aboliti in nome dell’igiene. Forse era fiero dei capelli della sua bambina. Ma lui non conta niente.

Sulla base di questo semplice principio (o meglio, precedente)
il dottore-sociologo va allegramente diritto per la sua
strada. Quando una tirannia rapace e dissoluta schiaccia le
persone nella polvere, cosicché anche i loro capelli si sporcano,
è chiaro quale corso seguirà la scienza. Sarebbe lungo e
laborioso tagliare le teste dei tiranni; è più facile tagliare i capelli
degli schiavi. Allo stesso modo, se dovesse mai accadere
che i bambini poveri, gridando per il mal di denti, disturbassero
un maestro di scuola o un raffinato gentiluomo, sarebbe
facile cavare tutti i denti ai poveri; se le loro unghie
fossero disgustosamente lerce, sarebbe facile strappargliele;
se i loro nasi colassero indecorosamente, li si potrebbe tagliare.
L’aspetto fisico del nostro concittadino più umile, a conclusione
di questi interventi, potrebbe essere radicalmente
semplificato. Ma tutto ciò non è peggio del fatto brutale per
cui il medico può entrare nella casa di un uomo libero e ordinargli
di tagliare i capelli alla figlia, anche se sono puliti
come fiori primaverili. Non sembra proprio che questi signori
capiscano che la presenza dei pidocchi negli slum significa
che sono sbagliati gli slum, non i capelli. (…)

Ebbene, lo scopo della parabola raccontata in queste ultime
pagine e di tutto il libro è affermare che dobbiamo subito ricominciare da capo, partendo dalla fine.

Io comincio dai capelli di una bambina. So che perlomeno è una cosa buona. Tutto il resto sarà cattivo, ma l’orgoglio di una buona madre
per la bellezza della figlia è una cosa positiva. È una di quelle
tenerezze adamantine che sono le pietre di paragone di
ogni età e di ogni razza. Se altre cose sono contro di esse,
dette altre cose devono farsi da parte. Se i padroni, le leggi
e le scienze sono contro di esse, i padroni, le leggi e le scienze
devono farsi da parte. Con i capelli rossi e ispidi di una
sola monella appiccherò il fuoco all’intera civiltà moderna.

Poiché una fanciulla dovrebbe avere lunghi capelli, dovrebbe
avere capelli puliti; poiché dovrebbe avere capelli puliti,
non dovrebbe vivere in una casa sporca; poiché non dovrebbe
avere una casa sporca, dovrebbe avere una madre libera
e con molto tempo a disposizione; poiché dovrebbe avere
una madre libera, non dovrebbe avere un padrone di casa
strozzino; poiché non dovrebbe avere un padrone strozzino,
dovrebbe esserci una ridistribuzione della proprietà e poiché
ci dovrebbe essere una ridistribuzione della proprietà, ci
dovrà essere una rivoluzione.

La piccola monella dai capelli tra il biondo e il rosso, che io ho visto passare trotterellando davanti a casa mia, non sarà «potata» né azzoppata né alterata; la sua chioma non sarà tagliata come quella di un condannato.

No: tutti i regni della terra saranno mutilati e fatti a pezzi per adattarsi a lei. Lei è l’immagine umana e sacra; intorno a lei tutta l’impalcatura sociale barcollerà, si frantumerà e cadrà; i pilastri della società saranno scossi; i tetti più antichi crolleranno al suolo, ma non uno dei suoi capelli sarà torto.