Mistica e azione : P. Joseph Wresinski

Intervento del Padre Marc Leclerc sj durante il
PRIMO CONVEGNO INTERNAZIONALE
Charles André Bernard
TEOLOGIA E MISTICA IN DIALOGO CON LE SCIENZE UMANE
organizzato da   Associazione « Amici di Padre Bernard »
con il patrocinio dell’Istituto di Spiritualità della Pontificia Università Gregoriana
Roma il 25 – 26 novembre 2005

 

Mistica e azione : P. Joseph Wresinski (1917-1988)

I. Introduzione: P. Joseph Wresinski nel terzo volume del Dio dei mistici[1]

Nella sua decisione di collocare P. Joseph Wresinski, fondatore del Movimento Internazionale ATD Quarto Mondo[2], alla fine del terzo volume del suo Dio dei mistici, P. Charles-André Bernard ha dimostrato una vera audace, senza temere il paradosso – il quale, secondo Pascal, sta nel fondo stesso della nostra natura umana, come pure del Vangelo. Prima di andare oltre, vorrei mostrare la profondità di tale paradosso, che corrisponde tuttavia ad un’intuizione sicura.

Certo, P. Joseph era un uomo d’azione, profondamente radicato nel Vangelo e nella sua vocazione sacerdotale; ha più volte ripetuto che tutto ciò che ha creato, l’ha fatto solo per adempiere alla sua vocazione di sacerdote della Chiesa cattolica. Di fronte al dramma della miseria, da lui stesso sperimentato sulla propria pelle, ha fatto l’unica cosa possibile, secondo lui: creare un’alleanza con i più poveri e il resto della società, che li aveva esclusi da secoli. Per lui, diventare sacerdote di Gesù Cristo, era identicamente mettere tutta la sua vita al servizio dei più poveri dei poveri, e così al servizio di tutti gli uomini[3].

Tuttavia, collocare l’umile sacerdote, nato ad Angers nel mondo della grande povertà, per poi creare non un ordine religioso o un movimento ecclesiale, ma un movimento deliberatamente interconfessionale[4], collocare quindi Padre Joseph nella serie prestigiosa dei mistici dell’azione, che da san Paolo a Maria dell’Incarnazione, comprende come figure emblematiche, san Gregorio Magno, santa Caterina da Siena e santa Teresa d’Avila, sant’Ignazio di Loyola, poi trattarlo insieme a don Giacomo Alberione e Jean Vannier come esemplare de “L’impulso mistico apostolico”, non era certo evidente o scontato.

Padre Joseph non si vuole creatore, ma si riconosce l’erede di una tradizione ecclesiale, specialmente nella Chiesa contemporanea del Novecento francese: cita l’Abbé Godin, il P. Depierre, l’Abbé Pierre come quelli che hanno aperto le porte, sono entrati nel mondo della miseria[5]. Si tratta tuttavia di una tradizione sociale all’interno del cattolicesimo, non certo della tradizione mistica, che non ha mai avuto l’opportunità di studiare. Per di più, ha compiuto la sua opera con volontari di diverse confessioni religiose, o addirittura agnostici o atei, radunati solo dalla fede nell’uomo, attorno all’uomo più sfigurato dalla miseria – che non smette di affermare la propria umanità.

Se P. Joseph Wresinski s’inserisce quindi nella grande tradizione della Chiesa, lo farà in un modo assai nuovo, pur essendo profondamente impegnato nelle esigenze del proprio tempo. Di particolare importanza ai suoi occhi sarà la proclamazione di Giovanni XXIII, ad un mese dell’apertura del Concilio Vaticano II, secondo la quale “la Chiesa è la Chiesa dei poveri”[6], ricordando la profezia evangelica: “I poveri sono evangelizzati”. Per Padre Joseph, questa intuizione era l’essenziale dell’ultimo Concilio, ciò che lo riassume tutto[7]. Sarà certamente l’intuizione centrale che informerà tutta la visione ecclesiale dello stesso P. Wresinski.

In quale senso, quindi, Padre Joseph può essere considerato come una figura emblematica della mistica apostolica, nel cuore del Ventesimo secolo? Charles-André Bernard mostrerà come si adoperano in lui gli scemi essenziali di questa forma della mistica cristiana, e lo seguiremo su questa via; difatti P. Joseph Wresinski appartiene pienamente alla tradizione cattolica, non soltanto nella sua dimensione sociale, ma pure in quella mistica. Potremmo addirittura prolungare le indicazioni di P. Bernard, e trovare ulteriori conferme della sua intuizione, in altri aspetti della personalità di Padre Joseph, che combaciano pienamente con alcuni caratteri della mistica apostolica – evidenziati per esempio in don Alberione od altri esponenti di questa corrente, trattati da P. Bernard.

Metodologicamente tuttavia, cercando di realizzare una fenomenologia delle varie forme della mistica, Charles Bernard intende individuare, nelle esperienze singolari, le forme comuni di tali esperienze, più che non i contenuti particolari. Ora nel caso di Padre Joseph, questi contenuti saranno di fondamentale importanza per il compimento della propria missione, quindi la sua novità si rivelerà irriducibile ad ogni scema preesistente; di cui l’autore del Dio dei mistici era ben conscio. Ma questo non toglie niente al giusto radicamento di P. Wresinski nella tradizione spirituale della Chiesa romana.

Insieme erede della tradizione e profondamente novatore: era di grande importanza di situare correttamente l’aspetto tradizionale del pensiero e della vita di Padre Joseph. In questo senso, Charles-André Bernard gli ha reso un servizio insegno, collocandolo al posto giusto all’interno della vita cristiana: proprio nella mistica apostolica, non semplicemente nell’azione sociale, come potrebbe sembrare ad uno sguardo superficiale. Rimarrà tuttavia a situare debitamente l’apporto di Padre Joseph alla Chiesa e al mondo, aldilà dei limiti metodologici imposti dalla fenomenologia adoperata da P. Bernard.

 

II. “L’impulso mistico apostolico” e Padre Joseph

Charles-André Bernard scopre alcuni tratti comuni dell’esperienza mistica apostolica, che difatti possiamo ritrovare presenti nella vita e l’opera di Padre Joseph.

Una prima costante si trova nel passaggio dalla passività originaria dell’esperienza mistica all’azione determinata, continuamente informata dalla luce ricevuta in tale esperienza fondatrice.

E’ sempre difficile di individuare precisamente detta esperienza originale, che può risalire agli albori di una vocazione. P. Bernard ci presenta onestamente alcuni tratti decisivi della vita di Padre Joseph, senza scendere nel particolare, molto delicato da trattare con i pochi elementi biografici a nostra disposizione. Tuttavia, la rilettura, fatta da Padre Joseph, del suo primo incontro con la miseria massiccia, rivelatasi al suo arrivo nel campo dei senza tetto di Noisy-le-Grand, il 14 luglio 1956, sembra dare un contenuto preciso a quella intuizione e determinare la forma ulteriore della sua azione. Padre Joseph si trova come schiacciato dall’ammucchiarsi di circa trecento famiglie nella miseria estrema, alle porte di Parigi, sotto un sole implacabile. A questo momento, la sua visione si fa contemplazione. Riceve l’intuizione della sua missione specifica. “Queste famiglie della miseria non ne usciranno mai da sole, io le farò salire i gradini dell’Elysée, del Vaticano, dell’ONU, delle grandi organizzazioni internazionali”[8]. E subito vede il Cristo sul Golgotha, guardando il mondo, confessando di averlo vinto. Nel più povero dei poveri, Cristo ha vinto il mondo. Lì, a Noisy-le-Grand, come in tutti i luoghi della miseria. Ecco, al mio parere, l’esperienza originaria nella mistica apostolica di Padre Joseph.

Sempre secondo P. Bernard, la luce ricevuta informa l’agire apostolico, superando di gran lungo la conoscenza distinta. Difatti, quale conoscenza precisa poteva avere Padre Joseph, arrivando per la prima volta sul pianoro di Noisy-le-Grand? Certo, ritrovava l’esperienza della sua infanzia, sull’orlo di un quartiere di grande povertà, ad Angers – su un’altra scala, però. Conosceva già, per averla vissuta, l’umiliazione profonda della miseria e le sue innumerevoli conseguenze. Aveva già deciso di consacrare tutta la sua vita per “rendere la Chiesa ai poveri e i poveri alla Chiesa”[9]. Ma ora ha capito che egli si trova di fronte al suo popolo: tutte queste famiglie formano un vero e proprio popolo, unito dalla comune esperienza della miseria, e questo popolo è il suo.

Più tardi, nel 1968, gli darà un nome proprio, di cui possa andare fiero: sarà il Quarto Mondo[10]. Questo popolo dei poveri non porta solo il peso dell’umiliazione secolare: porta pure la speranza del mondo. Nei decenni successivi a questa esperienza fondatrice, si svilupperà una conoscenza e una riflessione sempre più comprensive di questa realtà. Come lo mostra P. Bernard, l’azione, realizzandosi, accresce progressivamente la luce di cui si sta nutrendo.

Nell’azione informata dall’esperienza mistica, la mossa originaria viene da un incontro di Dio, rivelatosi sotto un viso singolare. Per Padre Joseph, sarà proprio nel viso dei più poveri, costituendo insieme il popolo del coraggio e della speranza, contro ogni speranza[11]. Dio poi rimane immanente a tutta l’azione che da Lui procede, per illuminarla lungo la strada, attraverso tutte le oscurità e le notti più profonde. Questo tratto si ritrova fortemente nella vita come nell’opera di Padre Joseph[12].

P. Bernard nota in seguito alcuni altri tratti caratteristici, quali il senso dell’appartenenza alla Chiesa, onnipresente in Padre Joseph[13], l’importanza centrale dell’Eucaristia, che P. Bernard sviluppa piuttosto attraverso l’esempio di don Alberione, ma che si applica perfettamente anche a P. Joseph Wresinski[14], e infine la meditazione continua della Parola di Dio. Su questo tema, c’è un parallelo differenziato tra la costante meditazione degli scritti di san Paolo in don Alberione, e la meditazione evangelica di Padre Joseph, dovutamente analizzata da P. Bernard[15].

Pur presentando la forma molto originale ed incisiva di queste meditazioni evangeliche ispirate dalla frequentazione continua del popolo della miseria, l’autore del Dio dei mistici, fedele al suo metodo, non intende pronunciarsi sul fondo dell’interpretazione di Padre Joseph, per il quale lo sguardo e la vita dei poveri consentono di trovare una nuova forza ed una nuova presenza, immediata, del Signore e dei suoi, contemplati nella vita dei più poveri, a cui Egli ha scelto di identificarsi[16].

 

III. Padre Joseph e “la compenetrazione dei tipi mistici”

Ora vorrei accennare brevemente al capitolo conclusivo del Dio dei mistici, “La compenetrazione dei tipi mistici”: nell’introduzione di questo capitolo, che riassume tutti i punti precedenti, P. Bernard cita ancora P. Joseph Wresinski, come espressione della mistica apostolica, accanto a sant’Ignazio e a don Alberione[17]. Intendo così completare la presentazione di Padre Joseph nella mistica cristiana, secondo Charles-André Bernard, prima di tornare all’intuizione centrale del padre del Quarto Mondo nella sua lettura del Vangelo.

P. Bernard ci ricorda come “l’azione di Dio spinge a un’azione particolare o a un’impresa apostolica senza che la conoscenza preliminare sia proporzionata all’impegno pratico. Al contrario, è la messa in opera del progetto e la costante immersione nell’ambiente di cui si propone la trasformazione a lasciar trasparire a poco a poco la luce necessaria all’azione spirituale”[18]. Ma a questo punto, si vede subito il nesso necessario con l’attenzione alla persona di Cristo, che apre ad un’altra dimensione della mistica cristiana: soltanto questa attenzione continua può impedire alla mozione originaria di diventare cieca, con il pericolo vicino di cadere nell’ideologia od in qualche forma di fanatismo. La “compenetrazione dei tipi mistici” è quindi una necessità: non c’è una vera mistica apostolica che non sia al contempo una mistica della conformazione a Cristo, o che non comporti alcuna dimensione d’interiorità. Naturalmente, come celo ricorda P. Bernard, gli accenti possono essere diversi da un’esperienza all’altra; ma queste tre dimensioni devono per forza essere riunite nel mistico cristiano autentico. L’esperienza singolare di Maria dell’Incarnazione, che riunisce esplicitamente i tre tipi mistici in una viva sintesi, attraverso le varie tappe della sua vita spirituale, servirà principalmente ad illustrare questa compenetrazione, essenziale alla mistica cristiana.

Per quanto riguarda Padre Joseph, certo non ha avuto né il tempo né i mezzi per analizzare da vicino la propria vita interiore, ed egli è sempre stato estremamente discreto a questo proposito. Tuttavia, parecchi suoi familiari o vicini collaboratori hanno testimoniato dell’importanza e dell’intensità della sua vita di preghiera, tra l’altro nell’Eucaristia, centro della sua vita spirituale. Ora se consideriamo la centralità assoluta di Cristo, è proprio onnipresente nel pensiero e nella vita di P. Joseph Wresinski: tutti i suoi libri, le sue omelie ne danno testimonianza, come pure le persone che l’hanno conosciuto più da vicino[19].

Abbiamo qui una nuova conferma della giustezza dell’intuizione di P. Bernard, collocando la personalità di Joseph Wresinski nell’ambito della mistica apostolica – in stretto legame con l’unione intima a Gesù Cristo, incontrato in modo particolare nel più povero dei poveri[20].

 

IV. La centralità di Cristo, fatto uomo della miseria

Nella sua lettura del Vangelo, ispiratagli dallo sguardo dei poveri[21], Padre Joseph contempla continuamente Gesù Cristo, che ha scelto liberamente di farsi “uomo della miseria”, identificandosi con il più povero dei poveri[22]. C’è un’unità straordinaria nella vita, la contemplazione e l’opera di P. Joseph Wresinski, sempre centrato sulla presenza di Cristo, sia nel Vangelo, sia nella strada, sia nell’Eucaristia, sia nell’azione realizzata sempre con i poveri e i loro amici.

Ora Cristo è venuto per la salvezza di tutti gli uomini, non solo dei poveri, ma degli altri pure, fino ai più ricchi. E’ una convinzione viscerale di Padre Joseph, che la salvezza universale portata da Cristo a tutta l’umanità doveva venire dal più basso del mondo, in modo di non lasciare nessuno al di fuori; nel movimento della kenosi che segna la sua incarnazione, Cristo non poteva fermarsi a meta strada, doveva andare fino in fondo, come ne danno testimonianza la sua nascita e la sua morte, fuori della città – prima fra i pastori, poi fra i banditi: proprio al più basso del mondo[23]. “Pour embrasser et sauver l’humanité, Jésus était obligé de se faire le dernier des derniers. Sinon, il eût été reconnu par les possédants mais non par les plus humiliés.”[24].

Per Padre Joseph, nella sua comprensione di Gesù fatto uomo della miseria, le narrazioni evangeliche delle tentazioni nel deserto saranno di particolare importanza, come lo rileva pure P. Bernard[25]. Difatti, significano la libera scelta, da parte di Gesù, di rinunciare fino in fondo, ad ogni potere economico, politico o addirittura religioso, che gli avrebbe concesso di cambiare velocemente la vita dei poveri. Solo in questo modo però, poteva rimanere inchiodato nella condizione di non-potere che caratterizza i più poveri; scelta eroica, che solo Gesù, nella sua divinità, era capace di fare[26]. A questo momento ha scelto la passione con i miseri, nel rinunciare ad ogni potenza umana. E così ha salvato il mondo… Forse, c’è anche qui, molto discreta, una forma di confessione personale di Padre Joseph, che pure su questo punto essenziale, si è conformato a Cristo.

Dopo la sua vittoria sul Tentatore, nel proclamare la beatitudine dei poveri, Gesù adempie la profezia: “I poveri sono evangelizzati”. In questo atto però, in questa parola performativa – “Beati voi, poveri” – che  realizza ciò che dichiara, Egli affida a loro la prima responsabilità del Regno, per la salvezza di tutti[27]. « Par les Béatitudes et le Sermon sur la montagne, Jésus-Christ n’appelle pas les nantis à libérer les pauvres. Il n’appelle pas non plus les pauvres à se libérer contre les riches. Il appelle les uns et les autres à libérer, ensemble, l’humanité. Il ne peut exister qu’un seul Royaume, une seule justice, les mêmes pour tous, réunissant tous les hommes. Mais les pauvres seront reconnus comme les premiers bâtisseurs »[28].

Per Padre Joseph, i poveri sono quindi, in Gesù Cristo, i “membri fondatori” della Chiesa; sono corresponsabili della venuta del Regno. Per questo, “i poveri sono la Chiesa”, ne sono il cuore, l’anima, la realtà profonda – spesso nascosta, dimenticata. Sono addirittura, secondo un’immagine audace, il canale della grazia che irriga il corpo intero della Chiesa: “(…) les plus pauvres sont l’artère par laquelle il faut que le sang coule pour irriguer tout le corps. Si l’artère est obstruée, le corps tout entier meurt. Pour l’Eglise, les misérables sont l’artère et la dégager est une question de vie ou de mort. Si la grâce passe par eux, tout le corps est irrigué »[29].

Ora se così stanno le cose, se veramente « i poveri sono la Chiesa », è proprio a causa dell’identificazione, voluta da Cristo, tra i più poveri e la Sua stessa persona, divino-umana. I poveri sono la Chiesa, perché, in modo particolare, è presente in loro il corpo di Cristo, l’unico salvatore di tutti gli uomini. Sono la condizione della sua universalità concreta, ben lontana da ogni esclusiva particolare.

 

V. L’unione di tutti gli uomini attorno al più povero ed il carattere interconfessionale del volontariato

L’identificazione incondizionata di Cristo con il più povero dei poveri spinge Padre Joseph verso nuovi orizzonti. Ritroviamo qui un profondo paradosso: i poveri, amati da Dio al punto che Gesù Cristo ha voluto farsi l’ultimo di loro, non sono tutti membri della Chiesa visibile; ci sono pure agnostici o atei tra loro. Addirittura, il più grande scandalo della miseria è di avere reso “Dio impossibile ai poveri”, secondo una sua terribile espressione. La successione ininterrotta delle disgrazie può rendere la fede impossibile per parecchi di loro. Quale immagine di Dio, poi, gli abbiamo presentato? Eppure, Dio si rivela proprio in loro, nella loro esistenza disgraziata[30].

Ma le cose devono cambiare; e cambiano difatti con la proclamazione di Gesù: “Beati voi, poveri!”

Ora, questo cambiamento fondamentale tocca tutti i poveri come pure i non poveri, compresi quelli che non conoscono Cristo. Come fare in modo, però, che la vita di ciascuno sia veramente trasformata, tramite l’unione di tutti gli uomini, credenti o non credenti, attorno al più povero? Ossia, attorno a Cristo, in realtà? Padre Joseph usa qui un’ espressione molto forte: « Faire de l’homme le plus démuni le centre, c’est embrasser toute l’humanité dans un seul homme (…) »[31]. Nel più povero, in Cristo, c’è, in qualche modo, tutta l’umanità ; essa, tuttavia, non lo sa. Farne il centro del raggruppamento, è rendere esplicita questa realtà.

Per realizzare effettivamente l’unione di tutti attorno al più povero, Padre Joseph crea con gli stessi poveri un movimento internazionale ed interconfessionale, l’ATD Quarto Mondo, movimento dei molto poveri, non “per” loro. Al servizio del Movimento e di tutto il popolo dei poveri, quindi di tutti gli uomini, Padre Joseph ha istituito un volontariato permanente, raggruppando attorno al più povero, dei volontari di tutte le confessioni, o addirittura senza appartenenza religiosa, credendo però nel “valore inalienabile che fa la dignità dell’uomo”, secondo le “opzioni fondamentali” del suo Movimento. « Tout homme doit pouvoir faire de la famille la plus pauvre un pôle de rencontre, un agent de libération des autres hommes, une famille qui sauve ses frères »[32].

Ogni uomo, credente o meno : tutti devono essere in grado di rispondere alla chiamata silenziosa dei più poveri. Non è un privilegio dei cristiani, anche se questi hanno una responsabilità particolare verso i loro compagni di servizio, perché hanno imparato da bambini la gioia e la speranza che c’è nel servizio agli ultimi. Per Padre Joseph, sarà una lezione maggiore dell’episodio evangelico della lavanda dei piedi[33]: i cristiani, ed in modo particolare i sacerdoti e religiosi, devono lavare i piedi dei loro compagni di servizio, per permettere a loro di compiere il proprio servizio ai più provati, senza perdere la speranza – rischio maggiore per chi è confrontato con la miseria, senza l’appoggio della fede in Dio. Padre Joseph era assillato dalla solitudine dei non credenti, impegnati nella lotta contro la miseria. Ma pensava pure che noi cristiani avessimo gran bisogno di loro, che credono solo nell’uomo.

Per Padre Joseph, importa sempre la persona di chi gli sta di fronte, che sia povera, volontaria o alleata, amica dei poveri, in potenza o in atto. Le famiglie povere devono essere rispettate nelle loro differenze, nel loro diritto alla spiritualità, alla ricerca personale del senso della vita. Ciascuno, tuttavia, ha le proprie radici, nella sua tradizione religiosa o filosofica, che va sempre onorata. I più poveri, poi, interrogano le nostre radici, le radici di chi viene da loro, e ci obbligano alla massima sincerità. Posano le questioni fondamentali che interrogano tutte le religioni e le varie culture. Interrogano sulla natura dell’uomo: è solo un essere di bisogni, oppure è fatto per amare, esercitare le proprie responsabilità verso il prossimo, anche per chi è ridotto alla miseria?

Con tutto questo, possiamo intuire l’importanza fondamentale che Padre Joseph porta alla presentazione di Cristo come il più povero dei poveri. Non sarà forse la prima condizione perché sia proprio attorno a lui che si potrà fare il raggruppamento di tutti gli uomini, senza escludere nessuno? Difatti, è ciò che i molto poveri l’hanno portato a scoprire. Non sono proprio loro che possono guidarci verso Cristo, il più povero?

Il volontariato interconfessionale inizia questo raggruppamento di tutti attorno al più povero, e rende visibile, effettiva la speranza dei poveri[34].

 

VI. Conclusioni

P. Bernard non si è sbagliato, di certo, collocando Padre Joseph nell’ambito della mistica apostolica, alla fine del Dio dei mistici. Tutto concorre, difatti, a rivelare questo “impulso mistico apostolico”, all’opera nella vita come negli scritti del padre del Quarto Mondo. Tale impulso è inseparabile della dimensione complementare, la conformazione a Cristo, la cui centralità assoluta si è rivelata in tutta l’esistenza apostolica, come nelle opere di Padre Joseph.

Così radicato all’interno della corrente mistica apostolica, profondamente tradizionale, che va da san Paolo a don Alberione e Jean Vannier, P. Joseph Wresinski svilupperà la sua intuizione in un senso profondamente originale. Tutto dipenderà difatti, dell’incontro singolare di Gesù Cristo, nella persona del più povero dei poveri. Ormai si tratterà di radunare attorno a Lui, tutti gli uomini di buona volontà, credenti o meno. L’insieme delle realizzazioni di Padre Joseph sembra ordinato a questo unico fine. La creazione del Movimento internazionale ATD Quarto Mondo, con il volontariato interconfessionale al suo fondamento, l’Alleanza tra le famiglie più povere e i loro amici nella società, dai più umili ai più potenti, il Forum permanente dell’estrema povertà nel mondo, destinato a radunare gli sforzi di numerose associazioni e di tante persone che proseguono uno scopo simile nei vari continenti; così come le sue innumerevoli sessioni, conferenze, omelie, pubblicazioni, tutti questi operati tendono allo stesso obiettivo: favorire la riunione di tutti attorno al più povero. Così, e solo così, tutti potranno radunarsi attorno a Cristo. In questo modo il Regno di Dio, affidato ai poveri, potrà diventare una realtà pure sulla terra – in mezzo a tutte le incomprensioni del mondo.

Padre Joseph contribuisce così ad edificare la Chiesa, la quale “è i più poveri”[35], anche fuori le mura, nel più profondo rispetto per le sue istituzioni – da sempre destinate a servire i poveri, e quindi tutti gli uomini. Il padre del Quarto Mondo lo farà tuttavia con volontari, amici, famiglie povere, di ogni confessione o addirittura senza appartenenza religiosa, perché la Chiesa, come i poveri, ha bisogno di tutti, senza eccezione, per essere proprio il sacramento del Regno sulla terra.

 

Marc Leclerc sj


[1] Cf. Ch.-A. Bernard, Le Dieu des mystiques. III. Mystique et action, Paris, Cerf, 2000, pp. 347-401. Trad. It. : Il Dio dei mistici. III. Mistica e azione, Milano, San Paolo, 2004, pp. 269-310.

[2] Per la vita e l’opera di P. Joseph Wresinski, cf. A. de Vos van Steenwijk, Père Joseph, Paris, Quart Monde, 1989 ; E. Notermans, Le Père Joseph. La passion de l’autre, Baillet-en-France, Quart Monde, 1992 ; trad.it., Padre Joseph Wresinski, testimone dei più poveri di tutti i tempi, Paris, Quart Monde, 1996; G. Mucci, “Joseph Wresinski. Un costruttore sociale”, La Civiltà Cattolica, 3497 (1996) 436-445; J.-Cl. Caillaux, « Wresinski, Joseph », in Dictionnaire de spiritualité ascétique et mystique, doctrine et histoire, Paris, Beauchesne, v. XVI, 1994, cc. 1492-1495 ; J.-Cl. Caillaux, Joseph Wresinski. Un défi pour la dignité de tous, Paris, Desclée de Brouwer, 1999.

[3] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise. Entretiens avec Gilles Anouil, Paris, Centurion, 1983. Veda in particolare pp. 15-46.

[4] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 18.

[5] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 15 : « Nous ne sommes pas des créateurs, seulement des héritiers ».

[6] Cf. Giovanni XXIII, Radio-messaggio dell’11 settembre 1962 : “In faccia ai paesi sottosviluppati la Chiesa si presenta quale è, e vuol essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri.” Acta Apostolicae Sedis, 1962, p. 682.

[7] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 35.

[8] J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 19.

[9] Cf. A. de Vos van Steenwijk, Père Joseph, pp. 162-164.

[10] Per analogia con il “quarto ordine” della Rivoluzione francese. Cf. Dufourny de Villiers, Cahiers du Quatrième Ordre, celui des pauvres Journaliers, des Infirmes, des Indigents, etc., l’Ordre sacré des Infortunés (…), n° I, 25 avril 1789. Ristampato da EDHIS, Paris, 1967.

[11] Cf. J. Wresinski, Les pauvres, rencontre du vrai Dieu, Paris, Cerf, 1986 ; 2a ed., Paris, Cerf – Quart Monde, 2005.

[12] Cf. J. Wresinski, Paroles pour demain, Paris, Desclée de Brouwer, 1986 ; trad. it., Parole per il domani. Il fondatore del Movimento ATD Quarto Mondo e i bambini del « popolo della miseria », Roma, Città Nuova, 2001.

[13] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, passim.

[14] Cf. J. Wresinski, Telle est l’eucharistie !, coll. Epiphanie, Paris, Cerf – Quart Monde, 2005.

[15] Cf. J. Wresinski, Heureux vous les pauvres, Paris, Cana, 1984 ; cf. Ch.-A. Bernard, Le Dieu des mystiques. III. Mystique et action, pp. 396-401. (Il Dio dei mistici. III. Mistica e azione, pp. 306-310.)

[16] Cf. J. Wresinski, Heureux vous les pauvres, pp. 15-25.

[17] Cf. Ch.-A. Bernard, Le Dieu des mystiques. III. Mystique et action, pp. 403-410. (Il Dio dei mistici. III. Mistica e azione, pp. 311-316.)

[18] Ch.-A. Bernard, Le Dieu des mystiques. III. Mystique et action, p. 403. (Il Dio dei mistici. III. Mistica e azione, p. 311.)

[19] Cf. A. de Vos van Steenwijk, Père Joseph, pp. 153-178.

[20] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, pp. 19, 41-46, ecc.

[21] Cf. J. Wresinski, Heureux vous les pauvres, p. 20 : « Je dois à ces hommes et ces femmes tellement malmenés, parfois rendus méconnaissables par la misère, de me sentir comme en permanence dans l’Evangile, le Seigneur juste au tournant d’une ruelle, ses préférés autour de lui, son Esprit partout, un miracle toujours sur le point de se produire. »

[22] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 19 : « D’emblée il faut faire la jonction audacieuse entre le plus pauvre et Jésus Christ : ils ne font qu’un. » Veda anche J. Lecuit, « Jésus misérable ». La christologie du Père Joseph Wresinski, présentation de Mgr Joseph Doré, coll. « Jésus et Jésus-Christ », Paris, Mame-Desclée, 2006.

[23] Cf. J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 38 : « Jésus s’est défini par sa naissance et par sa mort et tout homme se définit sans doute ainsi (…) »

[24] J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 25. Cf. Heureux vous les pauvres, pp. 22-23.

[25] Cf. Ch.-A. Bernard, Le Dieu des mystiques. III. Mystique et action, pp. 399-400. (Il Dio dei mistici. III. Mistica e azione, pp. 309-310.)

[26] Cf. J. Wresinski, Heureux vous les pauvres, pp. 26-51 ; Les pauvres, rencontre du vrai Dieu, pp. 65-72.

[27] Cf. J. Wresinski, Heureux vous les pauvres, pp. 197-218.

[28] J. Wresinski, Heureux vous les pauvres, p. 216.

[29] J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, pp. 37-38.

[30] Cf. J. Wresinski, Les pauvres, rencontre du vrai Dieu, pp. 19-59.

[31] J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 19.

[32] J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 18.

[33] Cf. J. Wresinski, Les pauvres, rencontre du vrai Dieu, pp. 121-132.

[34] Cf. J. Wresinski, Ecrits et paroles aux volontaires, vol. I, Luxembourg-Paris, Ed. St-Paul – Quart Monde, 1992.

[35] J. Wresinski, Les pauvres sont l’Eglise, p. 24 : « L’Eglise est les plus pauvres. »