Fraternità e Quarto Mondo
di Marc Leclerc sj
1. La fraternità : nostalgia o realtà ?
L’isolamento, a volte mortale, dell’uomo contemporaneo, spesso in mezzo alla folla, porta facilemente alla nostalgia della grande famiglia patriarcale, o a qualche suo sostituto in forma di “comunità”, chiusa e prottetrice. I tentativi di ricostituire comunità elettive – e, in quel senso, ben diverse dalla famiglia patriarcale, appunto – comportano non pochi rischi di derive settarie, verso gruppi chiusi, esclusivi dell’altro, del diverso. Come l’ha ben analizzato Roberto Esposito (Communitas. Origine e destino della comunità, Einaudi, 1998), tale concetto chiuso sta in realtà agli antipodi dell’autentica communitas, nel senso etimologico della condivisione del munus, dono, incarico o responsabilità da condividere con gli altri membri della comunità, quindi aperta per definizione. La comunità autentica, esattamente contraposta all’immunitas – che, volendo preservare ne varietur la vita del gruppo o dell’individuo, si oppone in realtà alla vita stessa – suppone quindi una vera e propria fraternità.
2. Condizioni per una fraternità reale
Una prima condizione, essenziale per una fraternità autentica, appare la preoccupazione, la cura del più debole, del più fragile. Agli antipodi di ogni “darwinismo sociale”, indegna caricatura di scienza nonché delle teorie personali di Charles Darwin, non è il più forte, ma invece il più debole, la garanzia di un’umanità genuina, e quindi di una fraternità possibile. Lo stesso autore di On the Origin of Species, nella sua seconda opera fondamentale, stavolta dedicata all’origine evolutiva dell’uomo, The Descent of Man (1871), riconosce, dal suo stretto punto di vista di biologia evolutiva, che il senso morale che contradistingue l’uomo, e lo spinge a proteggere i deboli – di cui le evidenze paleontologiche si sono poi imposte all’attenzione dei paleoantropologhi, come ce lo ricorda spesso il caro don Fiorenzo Facchini – diviene, nel solo caso della specie umana, un vantaggio evolutivo importante. Che questo fatto essenziale sia stato notato da Darwin, mentre ad uno sguardo superficiale sembrerebbe contraddittorio con l’idea stessa di selezione naturale, mi pare del tutto notevole, nonostante parecchi altri concetti poco difendibili, sostenuti nella stessa opera sull’origine dell’uomo. La cosa essenziale è questa: indipendentemente da ogni concezione religiosa o filosofica, una caratteristica fondamentale dell’uomo appare la protezione del più debole, anche se non è membro della stessa famiglia, dello stesso gruppo.
Una seconda condizione sarebbe il riconoscimento di una comune ascendenza, nell’unica specie umana, di una paternità e/o di una maternità comuni a tutti i fratelli. Stricto sensu, non c’è fraternità senza paternità, senza la consapevolezza di essere figli dello stesso padre, della stessa madre. A questo punto vedo una particolare responsabilità dei cristiani e degli ebrei, soli ad aver ricevuto la rivelazione di Dio come Padre, vero fondamento della fraternità universale.
3. La fraternità secondo Padre Joseph Wresinski e i più poveri
Il Servo di Dio padre Joseph Wresinski (1917-1988), fondatore del Movimento Internazionale ATD Quarto Mondo, da buon interprete del pensiero dei più poveri, tra i quali è nato, cresciuto e ha sempre lavorato, ci ricorda opportunamente che solo i molto poveri sanno il peso dell’esclusione, della miseria, che rifiutano con tutte le forze; per questo, spontaneamente, trattano come fratello il più disprezzato, di cui solitamente noi prendiamo le distanze, perché ne abbiamo paura. Una famiglia in condizioni di grande povertà, stretta in un locale angusto e poco salubre, non sopporterà di vedere un’altra famiglia per strada, anche se poco prima hanno litigato, e si stringerà ancora di più per farle posto. Mentre in genere la paura ci impedisce invece di accogliere a casa nostra un’unica persona disperata.
Ci ricorda in questo modo che la vera fraternità va edificata attorno al più debole, al più povero, affinché nessuno sia lasciato fuori. Cosi come in una vera famiglia, la cura di tutti i membri li raduna attorno al più fragile.
Padre Joseph, insieme ai più poveri, ci insegna che, per combattere la miseria, non basta la solidarietà – che potrebbe bastare invece per combattere la povertà: ci serve la fraternità. Difatti la miseria, diversamente dalla semplice povertà, tocca all’essere stesso delle persone, delle famiglie che essa colpisce, come per tagliarle fuori della nostra comune umanità; il rimedio quindi va proporzionato al male: richiede un investimento di tutto l’uomo, che decide di legare l’intero suo destino con quello dei più poveri – esattamente come si fa con i fratelli, che corrono rischi maggiori per la propria vita.
Il Quarto Mondo, in questo senso, custodisce il segreto della fraternità, con la centralità del più debole (cf. I poveri sono la Chiesa, Una conversazione tra padre Joseph Wresinski e Gilles Anouil, Jaca Book, Milano, 2009). Questo è vero per i più poveri e i loro amici, qualsiasi siano le loro convinzioni religiose; a fortiori per i cristiani, che confessano insieme “Padre nostro”…
4. La fraternità apre alla Speranza
L’individualismo contemporaneo, uccidendo la comunità, porta direttamente alla disperazione – sia dei benestanti, sia, per contagione, pure dei poveri; in tale concezione generalmente edonistica, i più deboli sono semplicemente abbandonati, oppure affidati alle cure impersonali e spesso inefficenti dello Stato. Per ritrovare la Speranza, bisogna invece girarsi verso i più poveri, non prima per aiutarli, ma per imparare da loro il segreto della fraternità.
Georges Bernanos, nella sua Vie de Jésus, scriveva: “I poveri hanno il segreto della Speranza.” Geneviève de Gaulle Anthonioz, nipote del General de Gaulle, l’ha ripreso in epigramma del suo libro, Le secret de l’espérance (Fayard – Editions Quart Monde, 2001). Dopo una lunga ricerca personale condivisa con il popolo del Quarto Mondo, che ha potuto conoscere grazie all’incontro con Padre Joseph, Geneviève de Gaulle, in conclusione della sua ultima opera, che è proprio il suo testamento, ci svela il segreto che le hanno insegnato i poveri: “Il segreto della Speranza, è il segreto della fraternità … Non bisogna perdere la Speranza.”