Omelia di S.E.R. Mons. Enrico dal Covolo, 16 ottobre 2010

Omelia di SER Mons. Enrico dal Covolo, Rettore della Pontificia Università Lateransense nella Giornata Mondiale del Rifiuto della Miseria, Basilica di San Giovanni in Laterano, sabato 16 ottobre 2010

Tutta la Scrittura è ispirata da Dio, ed è utile per insegnare e formare alla giustizia.

1. Così scrive Paolo a Timoteo, uno dei più importanti episcopi della seconda generazione cristiana. Questa affermazione perentoria di Paolo orienta robustamente le nostre riflessioni. Oggi – XXIX domenica del tempo ordinario – il tema della prima e della terza lettura è quello della preghiera. C’è nella prima lettura l’icona potente di Mosè, che con le braccia alzate prega per la vittoria di Israele sugli Amaleciti. E c’è nella terza lettura la parabola della vedova importuna, una parabola che illustra “la necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai”. Luca completa così la catechesi sulla preghiera, che aveva già avviato nel capitolo 11 del suo Vangelo. Lì, nel capitolo 11, leggiamo la richiesta accorata dei discepoli a Gesù: “Maestro, insegnaci a pregare…”. E Gesù risponde. Consegna a loro la preghiera del Padre Nostro, e prosegue inserendo nel suo discorso una parabola, quella dell’amico importuno, molto simile a quella che abbiamo letto oggi. Del resto, Luca ama presentare Gesù come il modello dell’uomo che prega, specialmente nei momenti decisivi della vita: lo confermano gli episodi del battesimo, della scelta dei Dodici, della trasfigurazione… Il tema tocca il suo apice nella passione, quando Gesù rivolge al Padre una preghiera perfetta, serena, nei momenti drammatici del Getsemani e della crocifissione. Così, sull’esempio del Maestro, il vero discepolo trova conforto nella preghiera.

2. La sfida, che la Liturgia della Parola ci presenta oggi, consiste nel mettere in relazione fra loro l’insegnamento di Gesù sulla preghiera, da una parte; e, dall’altra, le istanze della Giornata Mondiale del Rifiuto della Miseria. Ci ha scritto Claudio Calvaruso, Presidente dell’Associazione “Amici di ATD, Quarto mondo in Italia”: “Sono passati 23 anni da quando sul Sagrato del Trocadero a Parigi il Padre Joseph Wresinski inaugurò una Lapide in ricordo delle vittime della miseria, e dieci anni fa, sul Sagrato di San Giovanni in Laterano, abbiamo inaugurato insieme una copia di quella Lapide, in onore dei più poveri e in ricordo delle loro sofferenze e dei loro disagi”. Ecco dunque il motivo del nostro incontro, oggi. Vogliamo confermare insieme il nostro impegno solidale a favore delle persone povere. Ma abbiamo scelto di farlo non in un teatro o in una piazza, bensì raccogliendoci intorno all’altare del Signore, alla mensa della Parola e del Pane spezzato. E così si ripropone la domanda che abbiamo già anticipato: in quale maniera la Liturgia della Parola ci ammaestra oggi? In particolare, qual è il rapporto tra la catechesi di Gesù sulla preghiera e la Giornata Mondiale del Rifiuto della Miseria?

3. Una prima risposta ci viene dalla conclusione della più recente Enciclica di Benedetto XVI, cioè dai nn. 78-79 di Caritas in Veritate. Questi ultimi due paragrafi dell’Enciclica rappresentano un’appassionata ripresa – in forma di appello a tutti i credenti e a tutti gli uomini di buona volontà – della trama ideale (il cosiddetto filo rosso) che sorregge il discorso del Papa. Torna così il riferimento all’umanesimo cristiano, definito come “la maggiore forza a servizio dello sviluppo”: infatti “solo un umanesimo aperto all’Assoluto può guidarci nella promozione e realizzazione di forme di vita sociale e civile” (n. 78). E finalmente, scrive il Papa, l’autentico sviluppo, che si configura come superamento e rifiuto della miseria, “ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nel gesto della preghiera, cristiani mossi dalla consapevolezza che l’amore pieno di verità, caritas in veritate, da cui procede l’intero sviluppo, non è da noi prodotto, ma ci viene donato» (n. 79). Forse avremmo preferito che la Liturgia di oggi ci presentasse un’altra parabola di Luca, come per esempio quella del buon Samaritano. E invece oggi, in maniera provvidenziale, il Signore vuole ricordarci con forza che “senza di me non potete fare nulla”. Che senza le braccia alzate verso Dio la lotta sacrosanta dei cristiani per la giustizia va incontro alla sconfitta, proprio come quando Mosè abbassava le braccia durante il combattimento. Ecco dunque la prima risposta, riguardo a come la Liturgia della Parola ci ammaestra oggi.

4. Ma c’è anche una seconda risposta, e così concludo. Essa ci viene dalla testimonianza del padre Joseph Wresinski. In un’intervista rilasciata a Claudine Faure nell’ottobre 1987, pochi mesi prima di morire, il Servo di Dio si rivolgeva in maniera appassionata – come era solito fare – ai giovani, e raccomandava a loro: “Non lottare per te stesso, ma lotta per gli altri; e se preghi, allora impegnati, impegnati… Muoviti!”. Ancora una volta, la lotta contro la miseria ci richiama le braccia levate di Mosè, durante la battaglia contro il male; e ancora una volta ci richiama il primato della contemplazione nella nostra vita di credenti. Ma quel “se preghi, impegnati… Muoviti!” del padre Wresinski ci dice anche un’altra cosa. La preghiera del cristiano non può mai rimanere disincarnata. Una preghiera che non sia accompagnata dalle buone opere della carità non è gradita a Dio.

5. Chi non prende fra le sue braccia l’uomo derubato e ferito è come il levita o il sacerdote della parabola: ha il cuore duro, non ha “le viscere di misericordia” del nostro Dio. Non si comporta da figlio di Dio. Ma per voi, cari Amici dell’Associazione Aide à toute détresse, sono certo che in questa basilica, madre di tutte le chiese, risuona la solenne promessa del buon Samaritano, che è Gesù Cristo stesso: “Abbi cura di lui”, continua a ripetere Gesù, riferendosi a ogni uomo, a ogni popolo derubato e ferito; “e anche se spenderai di più, pagherò io, al mio ritorno” (Luca 10,35).

+ Enrico dal Covolo