Costruire la comunità per distruggere la miseria

Estratto della Rivista Quart Monde, n° 191, Settembre 2005.
di Claudio Calvaruso

L’autore dell’articolo, nato nel 1939, spiega come Padre Joseph Wresinski è diventato come il suo “allenatore”, il suo punto di riferimento essenziale per approfondire il problema della povertà estrema in Italia e nel mondo.

Parecchi anni fa ebbi l’occasione di lavorare a Ginevra nell’ambito della ACLI* e della  Caritas di Ginevra .

Erano anni di immigrazione massiccia di lavoratori italiani in Svizzera e molti di questi venivano assunti in qualità di “stagionali”, con uno statuto giuridico tagliato su misura, che garantiva il minimo di costi in infrastrutture ed integrazione per lo stato svizzero e, di fatto, il massimo dell’esclusione sociale per i lavoratori italiani che lavoravano soprattutto nell’edilizia, ma anche in altri settori dell’economia stravolgendo completamente il concetto di “lavoratore stagionale”.

Questo problema mi appassionò e lo approfondii scrivendo un libro**, nel quale si dimostrava che lo “statuto degli stagionali” andava contro ben  16 dei “Diritti dell’Uomo” e rappresentava quindi una condizione “iniqua” di estrema povertà, in primo luogo dal punto di vista affettivo e relazionale (nessuna possibilità di “riunione di famiglia” o di “creazione di una nuova famiglia in Svizzera”) e poi naturalmente dal punto di vista giuridico (privazione di ogni diritto legato alla permanenza in Svizzera, che di fatto era di 11 mesi e mezzo su 12, mentre giuridicamente veniva considerato di soli 8 mesi, con estensioni annuali per “situazioni eccezionali”).

Il libro venne recepito dal Consiglio d’Europa, si, costituì a Ginevra un movimento politico creato all’interno della società civile “per l’abolizione dello statuto del lavoratore stagionale” ed il governo svizzero dovette riequilibrare quello statuto, soprattutto in relazione all’acquisizione da parte della “stagionale” dei diritti di domicilio in Svizzera.

Fu nell’occasione della preparazione di questo libro che ebbi la fortuna di incontrare il Movimento ATD-Quarto Mondo, almeno attraverso la documentazione e gli scritti di Padre Joseph Wresinski e di Jean Labbens. Fu il Padre Hugues Puel, della Rivista “Economie et Humanisme”, a farmi conoscere il libro di Labbens, “Le Quart Monde”, introdotto dal Padre Joseph Wresinski.

Quello che mi colpì del pensiero di Joseph  Wresinski fu la profonda considerazione della dignità delle persone povere o escluse e dello spirito di comunità, che rappresentava per Padre Joseph l’obbiettivo reale da raggiungere, avendo ricostruito la parità di dignità, e quindi di diritti e doveri, fra tutti i cittadini, poveri e non poveri.

Questo pensiero fu fondamentale nella disamina delle condizioni di vita dei “lavoratori stagionali” che erano in contrasto con la dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e nell’approfondimento dei rapporti fra gli “stagionali” ed i cittadini svizzeri, proprio in funzione dell’adozione di un concetto operativo della “costituzione” di una comunità.

Non era difficile infatti constatare come l’assoluta emarginazione e la privazione di ogni diritto, rendevano impossibili da parte degli “stagionali”, ” l’assunzione di ogni dovere e di ogni responsabilità”, concetto chiave della nota definizione di “povertà” del Padre Joseph Wresinski.

Vi era un barriera invalicabile di norme e regolamenti nello “statuto degli stagionali” che faceva sì che per mantenere il posto di lavoro, lo “stagionale” doveva necessariamente separarsi dalla propria famiglia praticamente per l’intero anno.

L’obbiettivo, poi, di una “comunità condivisa” tra immigrati e cittadini svizzeri, veniva deliberatamente e irreversibilmente bloccato all’origine, attraverso uno “statuto protezione” che, secondo la Svizzera, avrebbe isolato del tutto gli “stagionali” dalla vita sociale e reso impossibile ogni processo culturale di integrazione tra le propria popolazione ed i lavoratori immigrati pregiudizialmente considerati privi di ogni possibile contenuto culturale da trasmettere.

Questo pensiero di Joseph Wresinski, la sua fede nei contenuti umani e culturali dei più poveri, il suo dolore profondo per un popolo condannato al silenzio ed a non lasciare traccia di sé, furono tutti capisaldi che guidarono la mia osservazione di questo fenomeno.

Certamente non eravamo di fronte ad un caso “eclatante” di “povertà estrema”, i lavoratori “stagionali” potevano usufruire di un salario stabile che rispondeva di fatto alle loro aspirazioni essenziali di migranti, ma i meccanismi di comunicazione con la popolazione locale, potremmo dire con i “più ricchi” o “più fortunati”, e l’assoluta non considerazione della loro “dignità” di persone sono gli elementi chiave che ci aiutano a leggere e comprendere le condizioni di vita dei “poveri estremi”.

Decisi allora di scegliere Padre Joseph, tra i tanti esperti e promotori di lotta alla povertà di cui anche il mio paese è fortunatamente molto ricco, come il mio “allenatore”, il mio punto di riferimento essenziale per approfondire questo problema in tutti gli anni successivi in cui mi impegnai nella ricerca sociale e negli studi sulla povertà estrema, fino ad assumere la guida del Circolo di Pensiero e dell’Associazione ATD – Quarto Mondo in Italia.

Gli stagionali, senza diritti, senza casa, senza famiglia, con una vita sociale schiacciata,  che vivevano in baracche, esclusivamente dedicati al lavoro, non venivano presi assolutamente in considerazione, come persone, non solo dalle istituzioni svizzere, ma dagli stessi responsabili della comunità italiana in Svizzera come possibili “portatori” di cultura e quindi “costruttori” attivi e protagonisti di una nuova comunità.

Ebbi grossi contrasti su questo punto con alti responsabili dell’Ambasciata Italiana a Berna. La mia tesi era che comunque, anche in queste condizioni estreme di chiusura del dialogo e di assenza di ogni diritto e responsabilità, emanava in maniera “incompressibile” un flusso umanitario e culturale ( questa volta con la C maiuscola ) da parte di questo piccolo gruppo di persone che, pur privo di ogni potere, avrebbe e stava di fatto, sistematicamente modificando il tessuto socio – culturale della popolazione svizzera e che avrebbe di fatto contribuito a costruire  una “comunità diversa” da quella di partenza.

Vi era quindi di fatto un processo di “cambiamento” della comunità, ma la ” negazione preventiva” della possibilità stessa che gli “stagionali” potessero in qualche modo contribuire  con i propri contenuti culturali al cambiamento sociale, soffocava, anche se solo apparentemente agli occhi del solo popolo svizzero, questo processo che di fatto è “incompressibile”.

Questa mi sembra una chiave essenziale del pensiero di Padre Joseph , i “più poveri” sono di fatto  una parte essenziale ed attiva del processo di sviluppo e di cambiamento della comunità; ma questa “appartenenza” non viene loro riconosciuta, non ci sono tracce del loro passaggio della storia e soprattutto viene schiacciata la loro dignità di persone non riconoscendo la qualità del loro contributo umanitario e culturale, creando contro di loro barriere di esclusione e non mettendoli in condizione di esercitare i loro diritti ed i loro doveri.

Il “grido di dolore che viene dal silenzio dei poveri” e che addolorava profondamente Padre Joseph, rappresenta di fatto la sintesi di questo pensiero.

“Con quale cuore hanno avuto il coraggio di ferirci, di disprezzarci, di umiliarci in questo modo, di farci sentire senza tregua e senza speranza che eravamo meno che niente”, diceva Padre Joseph interpretando lo stato d’animo dei più poveri ed in questa frase penso che ci sia concentrato un trattato di politica sociale sulle radici dell’esclusione sociale e le difficoltà di superarla nelle nostre società così moderne e così tecnologicamente avanzate, ma assolutamente incapaci di costruire comunità.

“La pace, la giustizia e dunque il rifiuto della miseria sono prima ancora che un problema di leggi o di cultura, un problema di cuore, di spiritualità vivificante che devono ispirare le nostre leggi e la nostra cultura.”

Claudio Calvaruso

 

*        Associazione Cristiana dei Lavoratori Italiani

**  Sottoproletariato in Svizzera. 165.000 lavoratori stagionali. Perchè?, Ed. Coines, Roma 1970